La valle del fiume Ufita si trova nell’Appennino campano, nella parte nord-orientale della provincia di Avellino. Le prime coltivazioni di aglio risalgono all’epoca romana: col passare dei secoli, In queste terre è stata selezionata una varietà molto ricca di allicina (il composto solforganico che contraddistingue l’aglio) e con le tuniche di colore rosso violaceo. I bulbilli hanno una forma irregolare: affusolata, allungata e arcuata, con la faccia dorsale convessa.

Fresh Garlic. Garlic pile for background

La sua coltivazione si alterna a quella del frumento, (negli ultimi anni si seminano anche grani antichi come il Risciola, il Senatore Cappelli e il Saragolla), pomodorini dell’Ufita, cavolfiori e leguminose. La tecnica è rimasta invariata nel tempo: dalla selezione accurata dei bulbilli alla coltivazione sostenibile e rispettosa dell’ambiente, alla raccolta manuale, fino alla fase di asciugatura e intrecciatura. Si semina da fine dicembre a gennaio, talvolta anche più tardi (febbraio e marzo) e si raccoglie tra la terza settimana di maggio e la fine di giugno. I bulbi possono essere raccolti quando le foglie sono ancora verdi (in questo caso si deve consumare rapidamente, come aglio fresco), oppure quando le foglie sono completamente secche (aglio da serbo). L’aroma e il sapore sono intensi, così come la piccantezza (dovuta al contenuto elevato di allicina), che rimane inalterata e che facilita anche la conservazione dei bulbilli.

Nella cucina irpina l’aglio dell’Ufita è l’ingrediente principale di alcune preparazioni tipiche come la frittata di aglio fresco, la ciambuttella di Grottaminarda (una ratatouille di verdure della zona dell’avellinese), gli spaghetti alla chitarra aglio, olio e peperoncino e la ciambotta sturnese (piatto a base di peperoni, patate, pomodori).

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