Ad Orvieto esiste una incredibile opera di ingegneria che permetteva alla città di approvvigionarsi di acqua anche nel caso di un lungo assedio.
Il Pozzo di San Patrizio si trova nel centro di Orvieto e fu fatto realizzare da Papa Clemente VII che si rifugiò in provincia di Terni durante il sacco di Roma del 1527. La storia del pozzo è indissolubilmente legata alla leggenda di San Patrizio.
La leggenda di origini irlandesi, narra di una incredibile caverna nella roccia del Donegal, in Irlanda. Secondo quanto si racconta, la caverna fu indicata da Cristo a San Patrizio in modo tale da poter mostrare le pene dell’Inferno ai fedeli che avessero raggiunto il fondo, ottendendo in cambio la remissione dei peccati.
La nascita del Pozzo di Orvieto trae ispirazione dalla grotta irlandese conosciuta oggi come Purgatorio di San Patrizio. L’opera realizzata durante il Rinascimento è unica nel suo genere e sembra, proprio come la grotta, rappresentare i gironi dell’inferno. Papa Clemente VII ordinò la sua costruzione a Antonio da Sangallo il Giovane.
Il pozzo si trova in una posizione spettacolare, da qui è possibile ammirare tutta la valle di Orvieto, è profondo più di 50 metri ed è illuminato da 70 grandi finestroni che favoriscono la discesa verso l’abisso. Potrete raggiungere il fondo del Pozzo attraverso una lunga scala elicoidale di ben 248 gradini, mentre per la risalita dovrete utilizzare una seconda rampa.
Il nome del pozzo di San Patrizio non ha particolari attinenze con personaggi di Orvieto, e fa invece riferimento all’abisso irlandese dove era solito pregare il santo. Le sue origini risalgono al medioevo e raccontano di una leggenda legata ad una profonda caverna sita su un isolotto irlandese, quello di Derg.
La caverna irlandese era stata indicata da Cristo a San Patrizio, che si rifugiava qui per ritirarsi in preghiera, affinché potesse mostrare le pene dell’Inferno ai fedeli assaliti dal dubbio, qualora avessero voluto ottenere la remissione dei peccati e l’accesso al Paradiso. Fu chiusa dal Papa nel 1457, in quanto divenuta meta di intenso peregrinare: i fedeli vi si recavano poiché era considerata tunnel di contatto con l’altra parte del mondo, non quello materiale, ma quello spirituale.
La costruzione del Pozzo di San Patrizio, quello italiano, a Orvieto, è stata voluta da papa Clemente VII, reduce dal Sacco di Roma, ed è stata effettuata tra il 1527 e il 1537, al fine di fronteggiare l’eventuale mancanza di acqua in caso di conflitti o assedi. I lavori furono conclusi durante il papato di Paolo III Farnese. Il pozzo è profondo 53,15 metri, scavato nel tufo dell’altopiano tozzo ed alto della valle tiberina. Il suo diametro è di 13 metri e si contano 248 scalini e 70 grandi finestroni che illuminano il suo interno, che giunge a toccare le acque delle fonti di S. Zeno.
Venne ideato dall’architetto Antonio da Sangallo, che genialmente realizzò due indipendenti scalinate che non si incontrano mai, a forma di doppia elica, come quella del DNA che fu scoperto circa 420 anni dopo; tramite esse era possibile approvigionarsi e trasportare acqua senza mai ostacolarsi.
E’ un bel gioco di prospettiva visiva: chi scende si trova ad affacciarsi di fronte a chi sale, mentre gli appare distante chi, procedendo nella stessa direzione, si trova solo lontano di qualche passo. All’estremità inferiore della rampa di discesa vi è un ponte in legno che permette di attraversare il pozzo. Sull’entrata la scritta “Quod natura munimento inviderat industria adiecit”, ossia “ciò che non aveva dato la natura, procurò l’industria“. Scenario suggestivo, discesa oscura, come un percorso spirituale che provoca pensieri e riflessioni sulla propria spiritualità e sulla quotidianità, fatta di errori di cui dolersi e pentirsi.