Infinite specialità, sia dolci che salate, caratterizzano e rendono unico il patrimonio gastronomico del Sud Italia: dalla pizza, al babà, dalla torta caprese, tipica napoletana, al pasticciotto pugliese, fino ad arrivare ai dolci calabresi e siciliani: un trionfo di gusto e colori. Non finisce qui. Elencarli tutti, uno per uno, sarebbe impossibile!
Da non trascurare, le nostre prelibatezze casearie sono uniche e invidiate in tutto il mondo, e una di queste è senza dubbio la burrata, prodotta nella bellissima Puglia. Solo a guardarla stimola l’appetito e fa venire l’acquolina in bocca!
Originaria di Andria e diffusa soprattutto nella subregione pugliese delle Murge, potrebbe essere confusa, erroneamente e a prima vista, con la mozzarella, il formaggio campano più tipico e conosciuto. La burrata è un tipo di mozzarella di latte vaccino, farcita all’interno con un ripieno chiamato stracciatella, che altro non è che un impasto di panna e mozzarella tagliata a pezzetti.
Quanto alle origini, si dice sia stato inventato nell’anno 1956 presso l’azienda agricola “Piana Padula”, nei pressi di Castel del Monte (zona riservata alla lavorazione della Manteca, formaggi a pasta filata stagionati, farciti al loro interno). Chi è stato l’ideatore di questo capolavoro? Il merito va a Lorenzo Bianchino, che ha cercato un modo per riciclare gli avanzi della pasta filata dalla lavorazione delle mozzarelle, unendoli ad una sorta di panna fresca. Nel frattempo ha modellato una specie di “cestino” con la pasta filata e con la tecnica del “collo di bottiglia” ha dato la classica forma del caciocavallo. Nasce così la prelibatezza che oggi delizia i nostri palati. Non a caso, il suo gusto e la sua particolarità hanno avuto un successo immediato non solo in Italia ma in tutto il mondo!
La lavorazione della burrata richiede passaggi ben pianificati e precisi e non richiede l’utilizzo di macchinari; tutto avviene manualmente. Il primo passo è filtrare il latte vaccino, che viene poi pastorizzato. Attraverso l’innesto naturale di siero di latte si passa alla fase di acidificazione di gran parte della lavorazione del giorno precedente, eseguita rigorosamente a temperatura ambiente.
La coagulazione avviene entro circa mezz’ora; si scalda il latte ad una temperatura massima di 35 gradi e si aggiunge il caglio di vitello. Quindi, con l’ausilio di un preferibile perno d’acciaio, si rompe la cagliata ottenendo dei piccoli granelli. Dopo la sedimentazione, la cagliata viene adagiata su superfici di acciaio e lasciata maturare per un tempo variabile, che va dalle 2 alle 4 ore. Quindi, tuffate in acqua salata a circa 85/90 gradi e iniziate a modellare, dando la classica forma a sfera. All’interno vengono inseriti gli avanzi della pasta e della crema che vengono accuratamente sigillati. Infine, immergere in acqua fredda per mezz’ora.