Siamo di fronte ai manufatti artigianali siciliani più famosi in assoluto, la cui storia affonda le sue radici nella notte dei tempi. Parliamo della ceramica di Caltagirone, che come molti aspetti della cultura della Trinacria è profondamente legata all’influenza araba che risale, periodo della colonizzazione, a prima dell’anno mille, quando nell’isola, ebbe inizio la conquista musulmana. E mentre i mori, così come erano conosciuti, diedero subito un forte impulso all’arte della ceramica, nei secoli successivi i siciliani hanno fatto propria questa straordinaria arte, italianizzando un percorso artigianale che oggi rappresenta una delle immagini assolute dell’eccellenza siciliana nella nostra Italia da Vivere e nel mondo.
Nel medioevo i siciliani diedero la loro impronta alla ceramica che, pur rispecchiando le tecniche arabe comincio a basarsi sull’uso dei materiali locali, come l’argilla.
Modellate a mano, dipinte punto per punto, con i colori vivi e intensi di un’isola calda e accogliente, con i disegni raffiguranti spesso le immagini della natura come gli agrumeti, le ceramiche di Caltagirone, arte pura, nel corso del tempo andarono sempre più rappresentando quegli utensili di uso comune necessari alla famiglia, mentre con il passare dei secoli i manufatti si sono slegati dall’utensile cosiddetto di servizio, andando a rappresentare invece concetti più astratti, decisamente da esposizione.
Sebbene dai documenti scritti e, principalmente dai Riveli, si rilevino molti nomi di ceramisti del Cinquecento con oltre cento officine di maiolicari attive, a causa del terremoto del 1693, che sconvolse tutte le città della Sicilia orientale, sono pochissime le opere superstiti.
Del Seicento si può dire altrettanto. Infatti, eccetto i significativi frammenti di pavimento datati 1621, opera di maestro Francesco Ragusa, e quelli dell’altro impiantito della seconda metà dello stesso secolo, del maestro Luciano Scarfia.
Il resto fu travolto dal terremoto dell’11 gennaio 1693, che cancellò nella parte orientale dell’isola quasi ogni traccia dell’attività plurisecolare delle officine ceramistiche caltagironesi.
Tra i maestri più abili e noti, ricordiamo i Polizzi, i Dragotta, i Branciforti, i Bertolone, i Blandini, i Ventimiglia, i Capoccia, i Di Bartolo e altri. L’Ottocento, con l’uso del cemento nei pavimenti, col dilagare di terraglie continentali, di produzione seriale sul mercato isolano, dà un fatale colpo alla ceramica caltagironese che inizia la sua parabola discendente continuando a dibattersi fra gli antichi procedimenti tradizionali di vetuste botteghe prettamente artigianali.