I serpenti suscitano da sempre sentimenti contrastanti: si amano oppure si odiano. Nella tradizione cristiana gli animali che strisciano e hanno il ventre vicino alla terra non hanno animo nobile. Non a caso è in forma di serpente che il diavolo tentò con successo la prima donna Eva. D’altra parte però ricordiamo che i faraoni egizi portavano un cobra sul suo diadema, simbolo regale per eccellenza, segno di potenza divina e saggezza. Insomma, questi rettili hanno avuto nel corso della storia il significato che le diverse culture hanno assegnato loro. Al giorno d’oggi però, dopo secoli di superstizioni e falsi miti e nel momento in cui molte specie di questi rettili sono sempre più rari sarebbe bene che tutti li conoscessimo meglio per imparare a rispettarli! E infatti ecco le specie più curiose e diffuse nelle Marche.
La Natrice dal collare (Natrix natrix) è senza dubbio la specie più comune, diffusa ovunque, dal piano alla montagna. Questa specie è legata alla vicinanza di acqua (è detta non a caso “biscia d’acqua”) ed è capace di apnee che durano fino a 20–30 minuti. La Natrice dal collare ha due capacità interessanti: la prima è il potersi fingere morta (tanatosi), cioè se ritiene di essere in pericolo e di non potere tentare la fuga questa biscia si posiziona sul dorso inerme e a bocca aperta in uno stato di morte apparente confidando nella confusione che questo comportamento genera in un eventuale predatore. La seconda capacità è decisamente maleodorante e meno gradita allo studioso di rettili: se tenuta in mano la biscia rilascia il contenuto dell’intestino: si tratta di una delle sostanze più fetide e persistenti che possa capitare di incontrare in natura.
Molto diffuso nelle Marche è un serpente veloce ed aggressivo: il Biacco (Hierophis viridiflavus). Nella nostra regione è presente sia nel fenotipo (aspetto esteriore) nero che in “abito” giallo e nero. Può superare i 150 cm di lunghezza.Si tratta di è un cacciatore velocissimo, agilissimo, arrampicatore e lottatore. Lo si può sorprendere quando sfreccia sul terreno inseguendo un Ramarro (Lacerta viridis) col quale ingaggia battaglie epiche, che in genere finiscono col Ramarro in veste di pasto del Biacco. E’ chiamato “frustone” perché quando è catturato si divincola moltissimo agitando la coda, mordendo qualunque oggetto gli capiti a tiro e tenendo salda la presa. I suoi denti come quelli di tutti i Colubridi, sono taglienti e rivolti all’indietro per trattenere le prede ma così piccoli che il danno maggiore che si ricava da un morso di un Biacco inferocito sono una serie di graffi e qualche goccia di sangue.