Uno dei nostri attori più dotati e amati affronta il personaggio nato dalla penna di Alessandro Robecchi. Sullo sfondo di una Milano proiettata nel futuro, Fabrizio Bentivoglio interpreta un antieroe molto simile a se stesso.
Scrive di lui l’Enciclopedia Treccani: “È stato convincente soprattutto nel rappresentare una generazione in bilico tra utopia e cinismo”.
Quando alla vigilia dell’uscita in streaming della serie tv Monterossi – disponibile da fine gennaio – chiediamo a Fabrizio Bentivoglio se si ritrova nella definizione, lui ride, prima di rispondere: «Mi imbarazza essere considerato l’esempio di una generazione e credo sia complicato generalizzare.
Sicuramente tra le generalizzazioni possibili questa mi sembra se non altro spiritosa come definizione».
Gli anni vissuti a Roma non hanno cancellato la cadenza milanese dell’attore che, tra la seconda metà degli anni Novanta e la prima metà dei 2000 è stato tra i più richiesti e, diciamolo pure, tra i più bravi e completi, tuttora è tra i nostri interpreti più acclamati. Proveniva da una scuola di altissima qualità come quella del Piccolo, ma ben presto il cinema lo rapì.
Bentivoglio così ha lavorato, tra gli altri, con Taviani, Bolognini, Salvatores (più volte), Soldini, Campiotti, Luchetti, Placido, Capuano, Angelopoulos, Calopresti, Bellocchio, Mazzacurati, Sorrentino… è una lista bella lunga per lui, elegante signore che i primi di gennaio 2022 ha spento 65 candeline.
Anno nuovo, progetto nuovo e Bentivoglio è l’azzeccatissimo protagonista della serie tv in sei episodi Monterossi, storia di un autore televisivo in crisi di coscienza e in perenne stato malinconico dopo essere stato lasciato da una donna, che si trova ad affrontare dei misteri e indagare.
E a chi conosce il Bentivoglio uomo, appare sfumato il confine su dove inisca lui ed inizi Monterossi.
«Quando le cose sono mischiate, impastate e diventate un tutt’uno, è difficile stabilire chi è andato più incontro a chi, se è stato Monterossi a impossessarsi di me o io a impossessarmi di lui.
Sicuramente c’è stato un incontro, ci siamo riconosciuti e ognuno dei due ha dato qualcosa all’altro. Era comunque un obiettivo che ci eravamo dati in dall’inizio. Il progetto ha subito dei ritardi, ma il tempo è servito per rimurginare su ciò che avremmo fatto. Così le cose sono sgorgate con una sorta di afettuosa naturalezza, un obiettivo che ci eravamo dati come compito con Roan (Johnson, il regista della serie)».