I piatti della tradizione contadina tornano d’attualità nelle cucine degli chef. Ma lo fanno con una marcia in più, con la consapevolezza della storia e del valore di ogni ingrediente. Le fave rappresentavano fino a non molti anni fa la base dell’alimentazione delle classi meno privilegiate, mentre ai nostri giorni, con la rivalutazione della dieta mediterranea, sono diventate quasi una ricercatezza gastronomica. La purea di fave è ottima anche accompagnata da cime di rapa stufate, cicoria catalogna e insalate di erbe campestri. Fave e cicoria è una pietanza semplice e genuina, un piatto della tradizione contadina pugliese realizzato con due ingredienti principali: fave secche decorticate e cicorie selvatiche, erbette che crescono spontanee, dal tipico sapore amaro, il tutto insaporito con ottimo olio extravergine di oliva. Una pietanza dal sapore unico grazie all’incontro di due sapori contrastanti ma, che fusi insieme, creano un gusto unico: la dolcezza della crema di fave con il sapore amarognolo delle erbette. Le fave secche dovranno essere lasciate in ammollo in acqua per almeno 12 ore e cucinate poi fino a farne una purea morbida, le cicorie dovranno essere ben lavate, per eliminare tutta la terra, e poi sbollentate in acqua. Si otterrà così una deliziosa pietanza rustica, ideale da preparare come primo piatto o come piatto unico. Fave e cicoria è una ricetta che si prepara in tutte le province pugliesi, da Foggia, Lecce fino alle Murgie, e in dialetto è conosciuta come “Fav e fogghie”, “Fae e foje” o “Févé e cècorèjè”. A seconda dei luoghi della Puglia, questo piatto tipico assume una denominazione diversa. In alcune zone fave bianche e cicorie prendono il nome di “ncapriata”, un termine di derivazione sia latina (“caporidia”) che greca (“kapiridia”). In effetti il legame tra la Puglia e la Grecia è stato sempre assai forte, fin dall’antichità. Il filosofo Aristofane, nel 450 a.C. in una delle sue commedie più famose, esaltava la bontà di un piatto fatto di fave ed erbe selvatiche. In passato si mangiava ciò che la terra offriva, senza ricorrere a cibi preconfezionati. Di conseguenza, anche le famiglie con contadine avevano l’abitudine di consumare spesso legumi a tavola, in questo queste coltivazioni erano assai diffuse per azotare i campi alternando la produzione di grano, che rappresentava un alimento prezioso, almeno sino agli inizi del Novecento. Le virtù benefiche delle cicorie selvatiche sono note fin dall’antichità. Nella “Storia Naturale”, un trattato di Plinio il Vecchio sulle piante che curano esistenti in Natura, l’autore mette in evidenza le proprietà delle “cicorielle” che crescono spontaneamente in campagna, per lo più antinevralgiche, stomachiche, colagoghe e diuretiche.