I fileja sono una pasta fatta in casa, di origine antica, tipica della tradizione calabrese, in particolare della provincia di Vibo Valentia. Si tratta di un piatto povero i cui ingredienti sono essenzialmente tre: farina, sale e acqua. Di colore giallo chiaro e dalla forma caratteristica a “vite allungata“, vengono generalmente realizzati con semola di grano duro e acqua. La caratteristica di questo tipo di pasta è la filatura, fatta da mani svelte ed esperte, in genere attorcigliando l’impasto attorno a una bacchetta (“danacu”), ottenuta dal fusto di una pianta selvatica detta “gutamara”. Rispetto a ciò, esiste una variante di questo piatto, “i fileja masculi” che si distinguono per non essere “filati”. Questo perché, a volte, la massaia non aveva tempo per la preparazione tradizionale.

I fileja sono preparati con soli tre ingredienti, è vero, ma la cucina calabrese non permette tanta semplicità. C’è bisogno di sostanza e grande elaborazione. Così, i fileja sono in genere accompagnati da sughi succulenti a base di carne di capra e maiale, con il Pecorino di Monte Poro o con la ‘nduja di Spilinga per dare il sapore piccante che tanto caratterizza i piatti della nostra terra. Nel vibonese sono tipici invece i Fileja e ciciari, ossia con i ceci, cotti rigorosamente nella pignatta, che nel camino delle nonne scoppietta sin dal mattino.

In ogni zona della Calabria, i fileja sono stati battezzati con nomi differenti. Ma diciamolo, che siano maccaruni in casa, scialatielli, scilatilli, firrazzul, maccarruni a firrettu, la sostanza non cambia e l’accezione rimane uguale. Il termine dialettale fileja, in particolare, ricorda l’azione del “filare” (come anche scilatielli o scialatielli lo “scilare” o “scialare”) la pasta. Sull’etimologia del termine maccheroni – anche questo spesso utilizzato – ci sono varie teorie: potrebbe derivare dal greco bizantino μακάρωνεια ossia “canto funebre” oppure, secondo il glottologo e linguista Giacomo Devoto, maccherone è una doppia derivazione da macco, “polenta di fave”, dal greco maccare, cioè schiacciare.

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