Un granchio italianissimo, dalla polpa carnosa, con una sapidità delicata e un retrogusto dolce tipico di tutti i crostacei di qualità assoluta. Il suo nome, pochi lo immaginerebbero, è rigorosamente di derivazione veneziana, con il termine “granso” che significa appunto granchio, e “seola” che sempre in veneziano vuol dire cipolla. Una specie tipica dell’Adriatico, ma presente un pò in tutto il Mediterraneo. Nelle coste italiane lo troviamo sui fondali sabbiosi, dove vive fino a 100 metri di profondità, e naturalmente sugli scogli, dove per proteggersi dai predatori si mimetizza tra alghe e rocce. Naturalmente nell’Adriatico settentrionale e nelle nostra meravigliosa laguna veneta troviamo gli esemplari migliori, quelli che la ristorazione del nord-est Italia, nella nostra Italia da Vivere, ci offre in zuppe, risotti, primi piatti indimenticabili. Il cuoco deve lavorarlo con attenzione e cura, perchè le carni sono in un certo senso nascoste, perché in termini culinarisi definisce un prodotto che non ha una resa enorme, un pò come succede con il riccio: la parte migliore è nella testa, sembra strano ma è così. Perciò andrebbe prima lavorato al vivo, entrando il meraviglioso corallo presente nella calotta cranica. Naturalmente vanno valorizzate le carni delle chele, mentre il resto della polpa lo troviamo al centro del corpo. Alcuni non amano gettarlo in acqua bollente subito, visto che le carni cambierebbero consistenza e sapore con il calore, e poi nel preparare un sugo si incorrerebbe in una doppia cottura che ne depauperebbe le potenzialità, ma prediligono aprirlo senza prima immergerlo in acqua bollente, come si fa sempre con gli astici. Perciò, portando avanti sempre un metodo di rispetto dell’animale, la soluzione potrebbe essere quella di addormentarlo con il freddo dell’abbattitore e quindi poi di procedere all’estrazione della polpa, dalla testa, dalle chele, dal resto del corpo. In alcuni casi nella parte inferiore, se siamo fortunati, nella femmina, tra aprile e agosto, troviamo anche delle meravigliose uova. Il suo costo non è basso, quindi va valorizzato per intero: oltre alle carni, la parte rimanente va usata per un brodo straordinario.