Il Carciofo del Cadore: continua il progetto di agricoltura sociale

Qualità agricola, valorizzazione del patrimonio locale e soprattutto attività sociale. Dal 2016 e ancora oggi, sulle montagne di Pieve di Cadore, all’ombra dell’ex convento del Cristo, è nata una delle coltivazioni più belle e incredibili della nostra Italia: i carciofi delle Dolomiti. Il progetto è ambizioso, difficile ma bellissimo: la Cooperativa Cadore Scs impiega immigrati che hanno chiesto asilo politico e anche ragazzi e ragazze con un passato difficile alle spalle. La cura e l’amore per la terra per cercare un equilibrio nella vita, attraverso il lavoro e l’impegno quotidiano. E così negli anni successivi al 2016 nelle botteghe locali del Cadore e del bellunese, turisti e residenti hanno potuto acquistare il Carciofo del Cadore in Agrodolce, prodotto in edizione limitata a partire dal 2017, 300 vasetti, la promozione è partita nel periodo natalizio. Il prodotto – il cui marchio “Carciofo del Cadore” è stato registrato – coniuga elevata qualità agricola e valore sociale, dato che lo scopo di “SIMBIorti” è far sì che i soggetti coinvolti aumentino il loro grado di autonomia e autostima, acquisiscano maggiori competenze nelle attività quotidiane, sviluppino delle potenzialità e creino relazioni significative. Il nucleo di partenza è stata l’analisi dei bisogni di giovani con disabilità. La Cadore Scs, si legge sul sito della Cooperativa, ha messo in atto una nuova sfida: la coltivazione del carciofo alpino. Il clima e la composizione del terreno cadorino infatti permettono di poter godere della raccolta di questo prelibato ortaggio nella stagione estiva, ovvero durante quei mesi che rimangono scoperti dalle forniture da coltivazioni tradizionali. I campi di carciofi alpini si inseriscono in un progetto ancor più esteso cui è stato dato il nome di “Simbiorti” per indicare come sia possibile concretizzare strategie di convivenza tra diversi realtà e trarne vantaggi comuni. In concreto Simbiorti è un insieme di attività agricole portate avanti da diversi soggetti presenti sul territorio e che attraverso la partecipazione di alcuni richiedenti asilo, cerca di trovare nuovi modi per poter continuare a coniugare tradizione e innovazione.

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