A Napoli per “Genovese” si intende “il sugo alla genovese”, ossia la densa salsa che si ottiene cucinando con pazienza e a fuoco molto lento cipolle e carne. Il ragù è un cibo particolare, un nutrimento dell’anima preparato seguendo non tanto una ricetta quanto un rituale. In ogni ragù degno di questo nome, l’ingrediente vero è il tempo. Il ragù deve sobbollire per molte ore a fuoco dolcissimo. Insieme al Ragù, la Genovese è il vanto della cucina Napoletana. Molti di voi si chiederanno, la genovese a Napoli? Secondo alcuni testi si chiama così pur essendo stata creata a Napoli perché era preparata da cuochi provenienti da Genova i quali erano soliti cucinare la carne in modo da ricavarne una salsa utile poi per condire la pasta (ancora oggi esiste a Genova un modo di cucinare la carne tagliata a grossi pezzi insieme a carota, sedano e cipolla detta “u Tuccu”). Va comunque detto che nei ricettari della corte borbonica (Corradi, Cavalcanti) col termine genovese veniva indicata una salsa più semplice e che quindi, presumibilmente, solo nella seconda metà dell’Ottocento la ricetta abbia assunto la sua versione attuale e, diremmo, napoletana. Per completezza va detto che altre fonti storiche fanno risalire la ricetta ai marinai della “Superba” che sbarcavano a Napoli nel XVIII secolo portando con se anche le loro abitudini alimentari. Di questo intingolo ogni famiglia napoletana ha la sua personale e segreta ricetta e anche se ne esistono versioni diverse nelle quali possono cambiare la quantità e la varietà di componenti e aromi, gli ingredienti che non cambiano mai sono la cipolla, la carne e la pasta. La cipolla da impiegare è quella ramata, perfetta quella di Montoro che, nel mescolare continuo, deve letteralmente sciogliersi. La carne può variare, il pezzo più usato è il lacierto, seguito dalla colarda o dal muscolo dello stinco. I ricchi usavano il primo taglio di annecchia (vitello), una carne a cui è affezionato Gennaro Esposito della Torre del Saracino. Per quanto riguarda la pasta, la tradizione fa cadere la scelta sugli “ziti” (spezzati a mano in modo che i frammenti di pasta che cadono nella pentola contribuiscono a rendere più ricco il piatto), chiamati anticamente “zite” o “maccheroni della zita” perchè di solito facevano parte del menu del pranzo di nozze della sposa (che a Napoli è chiamata “zita”). Altri tipi di pasta adatti al ragù sono candele, penne, paccheri, mezzani, maltagliati.
Ingredienti
600 gr di annecchia (vitello giovane che non abbia superato 1 anno di età)
1,2 kg cipolla ramata di montoro
1 costa di sedano
1 carota
5 pomodorini del piennolo
2 dl olio evo
2 foglie di alloro
1 bicchiere di vino bianco
Sale pepe q.b.
Rosolare in olio evo la carne di annecchia, appena risulta ben rosolata, aggiungere sedano e carote tagliate a julienne, le foglie di alloro e qualche pomodorino, si rosola ancora e si sfuma con vino bianco. Si aggiungono, poi, le cipolle affettate precedentemente tenute a bagno per 12 ore in acqua sale ed uno spruzzetto di aceto bianco. Cuociamo il tutto a fiamma bassa per circa 4 ore, condire con sale e pepe nero macinato fresco. Spolverare con grana o parmigiano.
A Napoli per “Genovese” si intende “il sugo alla genovese”, ossia la densa salsa che si ottiene cucinando con pazienza e a fuoco molto lento cipolle e carne. Il ragù è un cibo particolare, un nutrimento dell’anima preparato seguendo non tanto una ricetta quanto un rituale. In ogni ragù degno di questo nome, l’ingrediente vero è il tempo. Il ragù deve sobbollire per molte ore a fuoco dolcissimo. Insieme al Ragù, la Genovese è il vanto della cucina Napoletana. Molti di voi si chiederanno, la genovese a Napoli? Secondo alcuni testi si chiama così pur essendo stata creata a Napoli perché era preparata da cuochi provenienti da Genova i quali erano soliti cucinare la carne in modo da ricavarne una salsa utile poi per condire la pasta (ancora oggi esiste a Genova un modo di cucinare la carne tagliata a grossi pezzi insieme a carota, sedano e cipolla detta “u Tuccu”). Va comunque detto che nei ricettari della corte borbonica (Corradi, Cavalcanti) col termine genovese veniva indicata una salsa più semplice e che quindi, presumibilmente, solo nella seconda metà dell’Ottocento la ricetta abbia assunto la sua versione attuale e, diremmo, napoletana. Per completezza va detto che altre fonti storiche fanno risalire la ricetta ai marinai della “Superba” che sbarcavano a Napoli nel XVIII secolo portando con se anche le loro abitudini alimentari. Di questo intingolo ogni famiglia napoletana ha la sua personale e segreta ricetta e anche se ne esistono versioni diverse nelle quali possono cambiare la quantità e la varietà di componenti e aromi, gli ingredienti che non cambiano mai sono la cipolla, la carne e la pasta. La cipolla da impiegare è quella ramata, perfetta quella di Montoro che, nel mescolare continuo, deve letteralmente sciogliersi. La carne può variare, il pezzo più usato è il lacierto, seguito dalla colarda o dal muscolo dello stinco. I ricchi usavano il primo taglio di annecchia (vitello), una carne a cui è affezionato Gennaro Esposito della Torre del Saracino. Per quanto riguarda la pasta, la tradizione fa cadere la scelta sugli “ziti” (spezzati a mano in modo che i frammenti di pasta che cadono nella pentola contribuiscono a rendere più ricco il piatto), chiamati anticamente “zite” o “maccheroni della zita” perchè di solito facevano parte del menu del pranzo di nozze della sposa (che a Napoli è chiamata “zita”). Altri tipi di pasta adatti al ragù sono candele, penne, paccheri, mezzani, maltagliati.
Ingredienti
600 gr di annecchia (vitello giovane che non abbia superato 1 anno di età)
1,2 kg cipolla ramata di montoro
1 costa di sedano
1 carota
5 pomodorini del piennolo
2 dl olio evo
2 foglie di alloro
1 bicchiere di vino bianco
Sale pepe q.b.
Rosolare in olio evo la carne di annecchia, appena risulta ben rosolata, aggiungere sedano e carote tagliate a julienne, le foglie di alloro e qualche pomodorino, si rosola ancora e si sfuma con vino bianco. Si aggiungono, poi, le cipolle affettate precedentemente tenute a bagno per 12 ore in acqua sale ed uno spruzzetto di aceto bianco. Cuociamo il tutto a fiamma bassa per circa 4 ore, condire con sale e pepe nero macinato fresco. Spolverare con grana o parmigiano.