Jacobs è il nuovo figlio del vento. Nessun italiano come lui nella storia del Circo Olimpico

Ci sono vittorie che il mondo non dimenticherà mai. Imprese che hanno atteso oltre un secolo per consentire di scrivere pagine dello sport che rimaranno indelebili. E che con tutta probabilità dovranno attendere minimo altri 100 anni e oltre per permetterci di vivere emozioni così incredibili.

Noi italiani, nel panorama delle Olimpiadi, primeggiamo in tante discipline: ma soprattutto siamo quelli della forza fisica, della resistenza. I nostri maratoneti, i nostri ciclisti. E quante medaglie ci hanno regalato la scherma, che richiede pazienza e intelligenza, scaltrezza tutta italiana, oppure gli sport individuali di confronto fisico come le arti marziali.

Chi lo avrebbe mai immaginato che un portabandiera azzurro avrebbe conquistato il mondo nella gara dove gli americani primeggiano da sempre e dove per sempre rimarranno imbattibili. Un italiano che vince nei 100 metri? E che corre come il vento? E’ successo, è accaduto davvero!

C’è stato un momento, poco dopo che Marcell Jacobs aveva terminato la sua semifinale, in cui ha incrociato lo sguardo di Marco Tamberi che saltellava per non perdere ritrmo dopo aver superato l’asticella a 2.27, a pochi metri da lui, nella curva sotto la muraglia dei fotografi. Gimbo era dieci centimetri più sotto dell’altezza a cui sarebbe andato a prendersi la sua medaglia d’oro. Jacobs a un centesimo dai due avversarsi che lo avevano appena preceduto sul traguardo. I due si sono guardati e poi si sono abbracciati. Dirlo sembra pazzesco, ma è come se in quell’abbraccio fosse scorsa attraverso i loro corpi e le loro anime l’energia straordinaria del fato che si sta per compiere, la fiducia evocata dalla forza. E poi è accaduto. Intorno alle 22 ora giapponese. Due ori in pochissimi minuti, nella regina delle discipline dell’atletica leggera, i 100 metri piani, e nel salto in alto. Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi in cima all’Olimpo.

Jacobs ha vinto l’oro olimpico correndo in 9’’80, entrando dalla porta principale nel mito dello sport azzurro, dato che mai nessun italiano in 125 anni di Olimpiadi aveva nemmeno partecipato alla finale dei 100 metri.

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