La carne di piccione – d’allevamento, è un piatto delizioso e dalla storia antica e gustosa. Tramandata da secoli di arte gastronomica e reinterpretata dai guru della cucina italiana. Un piatto gourmet che merita i primissimi posti nell’Olimpo della buona tavola. Perché se fosse un vino sarebbe Champagne da intenditori. Perché non tutti i cuochi sanno farlo a regola d’arte. E perché di non solo pollo vive l’uomo.
Probabilmente il piccione era allevato già prima della civiltà greca, in Asia Minore. Ma il suo vero exploit è stato nel Medioevo, quando il colombo faceva bella mostra sulle ricche tavole di nobili e cortigiani. Molte città conservano ancora le colombaie dell’epoca. La plebe poteva allora approfittare dei piccioni che “ronzavano” attorno alle colombaie dei signori, e da quelle cacce risalgono le più gustose tradizioni culinarie che ancora oggi possiamo gustare: allo spiedo, alla ghiotta, il timballo e il risotto, senza dimenticare il sugo di piccione per condire fettuccine e tagliatelle.
Vera e propria prelibatezza, la carne di piccione era addirittura usata come moneta di scambio. Alla bresciana o alla todina, alla toscana o alla veneta, alla marchigiana o alla beneventana: ogni regione ha le proprie infinite varianti. Tutti innamorati del piccione. Del resto c’era un gran fiorire di leggende sulle sue doti afrodisiache: persino Macchiavelli, tra un intrigo coi Borgia e un consiglio ai de’ Medici, descriveva il piccione arrosto come un Viagra naturale. Pisanelli, medico del Cinquecento, lo metteva tra i “filtri” d’amore, mentre altri consigliavano agli amanti di consumarne almeno uno a testa dopo ogni incontro: meglio di un tiramisù!