In Italia, nel periodo compreso fra il 1848 (anno della rivolta delle Cinque Giornate di Milano, premessa essenziale alla futura unificazione italiana) e il 1878 (anno in cui morì Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia), si affermò un movimento artistico trasversale che la critica oggi identifica con il termine “pittura del Risorgimento”. Questo fenomeno vide coinvolti numerosi artisti, provenienti dalle fila del Romanticismo, del Verismo, dei macchiaioli, tutti accomunati dalla volontà di celebrare un momento così straordinario della storia italiana, rendendone lo spirito, le ansie, le speranze, gli entusiasmi. Tra loro, Giovanni Fattori e Silvestro Lega, Federico Faruffini e Gerolamo Induno. Quasi tutti i pittori del Risorgimento vissero in prima persona le vicende che poi raccontarono nei loro quadri: si trattava, infatti, di “pittori-soldati”. La pittura del Risorgimento
Molti macchiaioli parteciparono ad almeno una delle tre guerre di indipendenza. Induno fu addirittura un fervente garibaldino e partecipò a tutte le tre guerre. Grazie al valore della loro testimonianza, molti dipinti di questi anni diventano credibili documenti visivi che consentirono al pubblico dell’Ottocento di partecipare emotivamente a quegli eventi di cui leggevano sui giornali; allo stesso modo, permettono a noi oggi di accostarci con più immediatezza a pagine di storia che altrimenti sarebbero solo raccontate dai libri. Il valore di questi quadri, che sono spesso di qualità artistica indiscutibile, è insomma paragonabile a quello di certe straordinarie fotografie che alcuni coraggiosi reporter scattarono durante gli eventi bellici del XX secolo.
Appartenendo a un ambito verista, i pittori-soldati evitarono la retorica della celebrazione, l’esaltazione dei comandanti, il virtuosismo dei trionfi. Al contrario, amarono dare spazio, e un volto, ai soldati semplici, ai feriti, ai caduti, ai prigionieri. I loro quadri raccontano della fatica, del sudore, della sporcizia, della paura e anche dell’eroismo, quello degli sconosciuti, dei ragazzi comuni che spesso partirono carichi di speranze e di entusiasmo per non tornare più a casa.