La Gianduia, i Baci di dama, i Brutti ma Buoni, e il torrone: lo so, avete già l’acquolina in bocca. Non siamo cattivi, ve li abbiamo citati per una ragione: sapete cos’hanno in comune questi meravigliosi prodotti dolciari che, da sempre, accompagnano le nostre merende o i momenti di festa con il loro gusto fine ma sorprendente? Facile, è la nocciola! E tra tutte le varietà di questi piccoli frutti a guscio, ce n’è una e una soltanto famosa in tutto il mondo: è la Nocciola del Piemonte IGP, coltivata nelle morbide colline del basso Piemonte, in particolare nell’Alta Langa.
Per questo viaggio, vi consigliamo di chiudere gli occhi e di immaginarvi mentre camminate tra i lunghissimi filari di noccioleti sui dolci pendii delle colline langarole… forse vi conviene anche tenere a portata di mano un sacchetto di queste bontà, perché vedrete che alla fine della lettura ne avrete voglia!
Fin dall’antichità, il nocciolo è stato uno dei primi alberi coltivati per i suoi preziosi frutti dall’alto valore nutrizionale, che costituivano una fonte di energia sicura e immediata. L’avevano capito bene gli antichi greci e i romani, per i quali questa pianta simboleggiava benessere e felicità, tanto da regalarla agli amici o familiari come augurio e da consigliare di piantarla nel proprio orto.

Quando arriva la nocciola in Piemonte? Secondo alcune ricerche, pare che la coltivazione di nocciolo fosse già presente nella regione dall’epoca romana.
Ma è per merito di un’intuizione brillante degli agronomi e in particolare del Prof. Emanuele Férraris se, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, si introduce e diffonde questa coltura nel comprensorio dell’Alta Langa: è Férraris che dimostra la maggior produttività e, soprattutto, la migliore resistenza alle infezioni parassitarie del nocciolo rispetto alla vite. Infatti, se le colline della Bassa Langa si prestano a questo tipo di coltura (da qui provengono eccellenze come il Barolo, il Barbaresco e il Dolcetto), al contrario quelle dell’Alta Langa fino a poco tempo fa erano estremamente povere: i contadini della zona puntavano tutto sui vigneti, senza però ottenere risultati soddisfacenti, e l’arrivo dell’insetto fillossera e l’insorgere della malattia peronospora non hanno lasciato nessuno scampo. Perciò, abbandonata la vite e intrapresa questa nuova strada, la coltivazione della nocciola subisce una nuova impennata tra gli anni ‘60 e ‘70 grazie alle ottime prestazioni e alle richieste via via più crescenti di prodotto da parte dell’industria dolciaria.