Le tradizionali e straordinarie maschere napoletane: cultura e folklore

Pulcinella impersona il carattere napoletano in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi. Dalla Commedia dell’arte Pulcinella è passato al teatro dei burattini, di cui è diventato uno dei personaggi più importanti, archetipo di vitalità, anti-eroe ribelle e irriverente, alle prese con le contrarietà del quotidiano. Alcuni fanno risalire le sue origini all’Atellana, genere di commedia della Campania preromana poi diffusasi anche a Roma.

Tartaglia è una maschera della commedia dell’arte, affine a quella del dottore, dalla quale deriva. Goffo e corpulento, senza baffi né barba e con la testa rasa, prese il nome di Tartaglia dalla balbuzie di cui è afflitto. Ad essa ed alla forte miopia si limita tutta la comicità del personaggio, povero di contenuti umani. Il costume della maschera, costituito in origine da un abito e da un mantello verde a strisce gialle, ai un ampio collare bianco e occhiali verdi, variò in seguito nei colori e negli ornamenti. L’immagine e la postura particolarmente simile alla maschera padovana di Menego spesso traggono in inganno, come se si trattasse della stessa persona. Sebbene di rango sociale particolarmente differente (Menego rappresenta un ingenuo ed ignorante contadino), può sciogliere ogni dubbio sulla doppia identità del personaggio, alcune antiche credenze popolari (particolarmente nel sud Italia) sostengono che Tartaglia sia Menego mascherato da dottore. Nella seconda metà del Seicento, nonostante le sue probabili origini veronesi, Tartaglia fu popolarissimo a Napoli, anche per merito dell’interpretazione colorita dell’attore Carlo Merlino. Nel Settecento, un Tartaglia d’eccezione fu Agostino Fiorilli. Lo scrittore Carlo Gozzi introdusse questa maschera nelle sue commedie.

Scaramuccia è una maschera della commedia dell’arte, derivata dal Capitano: fanfarone e vanaglorioso, vestiva di nero secondo l’uniforme degli spagnoli di stanza a Napoli. In verità però la maschera nacque a Napoli con il nome di Scaramuzza, assumendo la forma Scaramuccia (toscana) nel Settecento. La maschera di Scaramuzza (poi Scaramuccia) divenne celebre per merito dell’attore Tiberio Fiorilli (1608-1694) che, verso il 1640, lo rappresentò in Francia, dove incontrò grande fortuna e si chiamò Scaramouche. Qui il personaggio modificò il primitivo carattere: preferì la chitarra alla spada, ebbe una nuova arguzia e una psicologia più complessa. La maschera, che fu presa a modello dal giovane Molière, restò legata all’interpretazione del Fiorilli tanto che, malgrado vari attori abbiano tentato di riesumarla, può dirsi scomparsa con lui.

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