Un’espressione tutta romana, tutta italiana, che affonda le sue radici nella storia capitolina e che ormai è diventata leggenda. L’espressione “Non c’è trippa per gatti” affonda quini le sue radici nella romanità assoluta. E merita di essere raccontata perchè in fondo racchiude un percorso a metà tra storia e leggenda, tutta italiana, che delinea il quadro di un’epoca che, anche se lontana, ci appartiene. A pronunciarla fu un personaggio che gli storici rievocano con piacere: uno dei sindaci di Roma che vengono ricordati e celebrati in maniera più positiva. Un uomo che seppe dare alla Capitale rigore, regole ma che la amò anche profondamente. Un uomo giusto e famoso per la sua onestà. Stiamo parlando del sindaco Ernesto Nathan. Con l’espressione ‘non c’è trippa per gatti’ si intende dire che non c’è niente da fare, non esistono alternative e non ce n’è per nessuno. Ma oltre al significato letterale, vi siete mai chiesti perché a Roma si dice così? La storia di questo detto è in realtà più bizzarra di quello che potreste aspettarvi: soprattutto perché non è stata pronunciata la prima volta da qualche buontempone in vena di scherzi, ma da un austero sindaco di Roma. Così rigido che non volle più sfamare i gatti delle colonie romane che all’epoca cacciavano i topi, a costo di far rovinare l’archivio e i documenti del Comune di Roma. L’origine di questa espressione risale agli inizi del 1900 ed è da attribuire a Ernesto Nathan, illuminato sindaco di Roma dal 1907 al 1913. Il primo cittadino d’ispirazione mazziniana, famoso per i diverbi con la Chiesa Cattolica, sarebbe il padrino di questo modo di dire. La leggenda narra che appena eletto sindaco fu contattato da un funzionario che gli sottopose il bilancio del comune di Roma. Nel visionare le varie voci, Nathan vide che a un punto c’era scritto ‘frattaglie per gatti’. Quando chiese spiegazioni, il funzionario spiegò al neosindaco che il Comune di Roma sfamava una grossa colonia felina che aveva il compito di proteggere archivio e documenti dai topi che infestavano il palazzo. C’era addirittura una figura apposita per nutrire i mici, il carnacciaro, segno di quanto questo compito fosse importante e non un vezzo senza senso. Nathan però sbarrò subito la voce dicendo che d’ora in avanti i gatti si sarebbero procacciati il cibo da soli e non avrebbero ricevuto dal Comune nessuna prelibata frattaglia. Concluse dicendo: “E se non ci saranno più topi, vorrà dire che i gatti non serviranno più”. Da lì, il detto ‘non c’è trippa per gatti’. Nel vero senso della parola.