Lu Scijò è un’antica leggenda adriatica che dà un volto alla furia imprevedibile del mare. Il suo nome è la forma dialettale di “tromba marina”. Secondo i racconti dei marinai sambenedettesi, personifica questo spaventevole fenomeno che si tramuta in un ciclone di anime dannate, pronte a castigare i peccati dell’uomo. Molte delle mitologie sono legate al mondo dei pescatori. Sono narrazioni che rispecchiano le loro paure più ataviche, in particolare quelle legate a tempeste spaventose e strane creature marine. Un emblema che riflette queste leggende è il monumento de “Il Pescatore” collocato alla fine del lungomare di San Benedetto del Tronto, scultura che riproduce la tenuta dei pescatori durante le tempeste, nell’atto di suonare un corno per richiamare l’attenzione sul pericolo derivante da un’imminente bufera o dalla nebbia sul mare.

Gli antichi pescatori narravano che in una tempestosa notte di novembre di molti anni fa, a bordo di una paranza, un pescatore è uscito fuori di senno imprecando contro il maltempo. Brandendo un coltellaccio, aveva cercato di decimare quell’ammasso di nubi che si muoveva veloce trascinando uomini e oggetti. La tempesta si allontanò. Sia l’uomo che i membri dell’equipaggio hanno creduto al potere delle parole e dei gesti come salvataggio ad una morte certa. Da questa leggenda nasce il mito de Lu Scijò, l’essere maligno più temuto dai pescatori. Questo mostro sarebbe formato dalle anime di coloro che hanno subìto dei torti da parte dei marinai. Altre versioni sostengono, invece, che è composto dalle anime di marinai annegati.
Fatto sta che queste anime, avvinghiandosi tra loro, formano un vortice urlante con una forza distruttiva tale da non lasciare scampo a nessuna imbarcazione. Ma c’è soltanto un modo per sconfiggere questa forza malefica: la presenza a bordo del “tagliatore”, il primogenito di un marinaio depositario di conoscenze magiche tramandate di generazione in generazione. Il tagliatore, armato di un lungo coltello, deve pronunciare con veemenza una formula stando in piedi sulla prua, facendo l’ampio gesto di tagliare col coltello la tromba d’aria. Secondo la tradizione la formula recitava: “Per la potenza del Padre, per la sapienza del Figlio, per la virtù dello Spirito Santo, con questo io ti taglio”.