Montecchio: dalla cultura estense, viaggio nell'Emilia da scoprire. Tra architettura e storia

Montecchio Emilia è centro strategico della Val d'Enza, al confine tra Reggiano e Parmense, 15 km a ovest del capoluogo di provincia.

Nella zona si stabilirono anche i Longobardi e, fin da quell'epoca, tutta la Val d'Enza fu soggetta ad influenze e sovranità diverse, spesso in lotta fra di loro. Nel 781 Montecchio era ai limiti della diocesi di Parma e quella di Reggio.
Durante l'alto medioevo costituì una fortificazione di presidio all'accesso al nucleo centrale dei territori canossiani, ruolo attestato anche da documenti del monastero di Sant'Apollonio di Canossa e della contessa Matilde, che sancirono il successivo controllo della località da parte della Chiesa.
Con l'affievolirsi del potere vescovile, fu il Comune di Parma ad esercitare localmente il proprio controllo.

Nel 1296 le più antiche fortificazioni vennero rase al suolo da Azzo d'Este.
A metà del XIV secolo le lotte famigliari, nel quadro delle contese tra Signorie (Estensi, Scaligeri, Visconti e loro alleati), si conclusero con la subordinazione di Montecchio all'autorità dei Visconti.
Con il crollo del potere dei signori di Milano, il dominio estense arrivò all'Enza e vi permase, salvo brevi interruzioni, fino all'Unità d'Italia (1861).

A partire dalla seconda metà del Quattrocento gli Estensi ricostruirono il Castello e le fortificazioni urbane.
Nel 1453 Borso d'Este concesse gli Statuti Autonomi al comune di Montecchio, già in possesso dal 1442 dello stemma (anello con diamante), segno di unione indissolubile con la casa estense.
Successivamente a Montecchio fu riconosciuta un'ampia autorità sul territorio che da Barco giungeva sino a Sant'Eulalia (Sant'Ilario d'Enza) e che rimase immutata fino al 1859.
Per tutto il primo ventennio del XVI secolo fu sempre rivendicato dal Comune di Parma.
Contemporaneamente si aprì un periodo di dominio di esponenti di famiglie locali che ascesero ai vertici economici e sociali.
Ma dal 1680 le lotte tra i grandi stati europei provocarono anche a Montecchio Emilia ripetuti periodi di occupazione militare, vessazioni fiscali ed umiliazioni politiche, indebolendo l'antica autonomia.

Durante la Restaurazione, dopo il ritorno degli Austro-Estensi, vi fu un'ampia partecipazione dei montecchiesi ai moti del 1821 e del 1848.
Con la fine del XIX secolo, la costruzione del ponte sull'Enza e della ferrovia Reggio-Ciano (1909) resero possibile la prima fase di sviluppo economico del paese, che proseguì con la creazione di industrie collegate all'agricoltura e ai prodotti lattiero-caseari e viti-vinicoli.
Oggi, moderna cittadina di industrie e servizi, Montecchio Emilia conserva notevoli tracce monumentali del suo passato.

Nell'Alto Medioevo funse da primo baluardo di avvistamento nel contesto del sistema difensivo preappenninico, posto in atto dai Canossa.
Feudo privilegiato degli Estensi fino al 1713, Montecchio Emilia conserva, nel centro storico, parte delle mura bastionate quattrocentesche, i portici, il Castello e il sepolcreto medievale, il Santuario della Beata Vergine dell’Olmo, la Pieve di San Donnino.

Il monumento più rappresentativo di Montecchio Emilia è senza dubbio la Rocca Medievale.
La struttura risale all’epoca matildica, come si desume da un documento autografo della grande contessa datato 1114. L'edificazione proseguì con successivi interventi fino al XVI secolo per volere degli Estensi e in particolare del principe Luigi d'Este che qui ebbe residenza dal 1638.
Il castello fu a lungo occupato dai Vicedomini che rivestirono funzioni vicarie, prima dei Vescovi di Parma e poi degli Estensi.
La struttura, a impianto quadrangolare, mostra un volume compatto munito di due torri merlate.
La più alta è la torre dell’Orologio.