Quello di Torino per il “cibo degli dei” è un amore antico. Cominciato nel lontano 1560, quando Emanuele Filiberto di Savoia, per festeggiare il trasferimento della capitale ducale da Chambéry a Torino, servì ai cittadini una tazza di cioccolata calda.
L’iniziativa fu molto apprezzata, tanto che già nel Seicento la Merenda Reale, accompagnata da biscotti e dai primi cioccolatini, era diventata un rito.
Ma ci volle più di un secolo perché la produzione del cioccolato uscisse dall’ambito familiare, con la nascita del primo laboratorio avviato nel 1826 da Pier Paul Caffarel. Da lì in poi, la sua ascesa è stata inarrestabile e la combinazione del cacao con ingredienti straordinari, insieme alla passione dei maître chocolatier torinesi, ha portato all’ombra della Mole una varietà incredibile di prodotti a base di cioccolato.
Qui sono nati cioccolatini iconici come il Gianduiotto, erede del givu (mozzicone in dialetto piemontese) creato a metà Ottocento in casa Caffarel da un impasto di cacao finissimo e nocciole delle Langhe, e il Cremino, due strati di gianduia inframmezzati da uno strato di cioccolato al caffè o al limone, ideato da Ferdinando Baratti e Edoardo Milano e utilizzato nel 1911 dalla Fiat nella campagna di lancio della lussuosa Tipo 4. O ancora le praline Cri Cri, un’anima di nocciola tostata ricoperta di cioccolato fondente a sua volta rivestito di bianca mompariglia (minuscole sferette di zucchero), felice sintesi dell’arte cioccolatiera e confettiera.
La tradizione del cioccolato nella città sabauda è ancora oggi rappresentata da nomi storici come Baratti&Milano, Peyrano, A. Giordano e Pfatisch, ma anche da maître chocolatier innovativi come Guido Gobino, Guido Castagna o Davide Appendino.