C’era una volta la gastronomia del negozio di fiducia, identità unica e indivisibile, luogo di approvvigionamento ciborio e diverse fazioni/classi di clienti. C’era una volta (e c’è ancora) il banco gastronomia del supermercato, più o meno enorme, più o meno fornito, tendenzialmente omologato/omogeneo nel nome dei fornitori della GDO. C’era una volta il garzone di bottega per la consegna della spesa a domicilio – e naturalmente c’è ancora, i moderni rider sono la versione attuale di mestieri antichi accorpati insieme. Antropologia e sociologia dell’alimentari, gastronomia old school e delivery che sono più parenti di quanto si creda, legati indissolubilmente anche nelle ultime forme che si sono materializzate in epoca pandemica. Tante forme pop alle quali ci siamo piacevolmente assuefatti, in realtà, sono evoluzioni contemporanee di qualcosa che esisteva, funzionava bene, ed è cambiato progressivamente alla società del benessere, alle nuove necessità, bisogni, desideri dei nuovi stili di vita. Lo stretto rapporto tra banco gastronomia old school e delivery contemporaneo si sviluppa lentamente dopo l’evento che modifica completamente il modo di fare la spesa e di mangiare: il 27 novembre 1957 in viale regina Giovanna 34 a Milano, apre il primo supermercato d’Italia, didascalicamente chiamato Supermarket (evidenziato dalla grafica con la S disegnata da Max Huber, un’esse lunga, che darà origine al nome della catena dei fratelli Caprotti). È anche l’anno del debutto di Carosello, dell’influenza pubblicitaria e della fidelizzazione del cliente: dal droghiere di riferimento si passa alla fedeltà al marchio. Comincia l’era del supermercato: il prefisso maggiorativo sottolinea la grandezza fisica del luogo, la presenza di cibi che nei normali spacci di quartiere è più difficile reperire, l’accentramento comodo ed economico di scaffali che semplificavano la spesa.