Cola di Rienzo (abbreviazione di Nicola) è stata una singolare figura di popolano, diventato un politico e riformatore nella Roma della prima metà del XIV secolo. Figlio di un oste di Trastevere di una lavandaia, ebbe la possibilità di studiare e di diventare notaio.
Fin dall’inizio, era appassionato dello studio dell’antichità; gli piaceva osservare i monumenti ormai in rovina dell’antica Roma e la lettura dei classici suscitarono in lui l’entusiasmo per l’antica civiltà e il desiderio di rinnovarla, sognando soprattutto il ritorno al periodo della Repubblica.
In quel tempo, Roma era in preda alle interne fra le famiglie più in vista come gli Orsini, i Colonna, i Caetani, i Savelli e i Vitelleschi. I soprusi erano talmente tanti che si ebbero due insurrezioni popolari nel 1337 e nel 1343. Il papa era prigioniero ad Avignone e lo Stato Pontificio si stava disgregando in tante signorie locali.
A seguito della sommossa del 1343, furono incaricati del governo di Roma 13 ”buoni uomini”, capi delle 13 regioni, i quali si dichiararono rettori della città, in nome de papa Clemente VII.
Cola di Rienzo, fu inviato ad Avignone per giustificare tale decisione di fronte al papa. Il papa, dopo aver manifestato perplessità sui possibili sviluppi della sommossa romana, decise di affidare il governo di Roma a due senatori, nominando Cola di Rienzo “notaio della Camera Urbana”. Nel suo nuovo incarico, egli cominciò a propagandare le sue idee e far conoscere il suo sogno di restaurare l’antica sovranità del popolo romano ai tempi della repubblica. In pratica, il governo era passato in mano a Stefano Colonna e nel 1347, Cola di Rienzo ne approfittò per abbattere i nobili, incitando il popolo alla rivoluzione. Assunse, allora, il titolo di “tribuno del popolo”, ottenendo la signoria della città unitamente al vicario pontificio. Quest’ultimo si recò ad Avignone per chiedere l’approvazione del pontefice, il quale dette il parere favorevole.
Il governo di Cola di Rienzo ebbe un aspetto molto democratico: egli diminuì le tasse dei ceti popolari e amministrò la giustizia tenendo presente che tutti, nobili compresi, erano uguali di fronte alla legge. Parecchi principi o personalità mostrarono simpatia per lui e fra questi anche Francesco Petrarca.
Nel 1348, in occasione della festa delle Pentecoste, Cola di Rienzo invitò i signori e i Comuni ad inviare a Roma i loro rappresentanti per eleggere un italiano alla carica di imperatore.
Ma nel suo sogno, egli si spinse troppo oltre quando dichiarò pubblicamente che a Roma sarebbe spettata la giurisdizione su tutto il mondo, come un tempo. A seguito di tale dichiarazione, il Papa lo sconfessò ed alcuni Stati italiani si opposero al suo progetto, primo fra tutti Firenze. Fu così che la sua posizione cominciò ad indebolirsi; a fargli perdere il consenso popolare fu anche il lusso con cui amava circondarsi. I nobili romani ne approfittarono per far insorgere il popolo contro di lui. Fu obbligato fuggire dalla città anche perché colpito dalla scomunica papale. Pere alcuni anni, egli visse esule in Europa, finche non fu fatto prigioniero e condotto ad Avignone. Qui fu condannato alla pena di morte, ma alla morte del papa Clemente VI fu liberato, grazie all’intercessione di Francesco Petrarca. Il papa successivo, Innocenzo VI, pensando di servirsene per restaurare il dominio pontificio, lo inviò a Roma col titolo di Senatore. Il popolo lo accolse con entusiasmo perché la città era di nuovo piombata nell’anarchia più totale. Tuttavia, invece di governare con moderazione, si dimostrò velleitario e fornì l’occasione ai nobili per riprendere il potere, i quali, infatti, incitarono il popolo alla riscossa. Nel 1354, Cola di Rienzo fu ucciso in un tumulto popolare al Campidoglio, mentre cercava di fuggire travestito.